Tentativi di riflessione
La vita (dura?) del Concilio

di don Giovanni Pavìn

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(V. Dossier della rivista DIALOGHI – n. 1 e 2 anno 2012.)

1.  L’impegno per  difendere e “professare” il Concilio rischia di essere inversamente proporzionale allo sforzo per approfondirne e assimilarne i contenuti.

Ci sono modi diversi per affrontare la riflessione sul Vat. II:

+  Respirare e tentar di far respirare ancora il Clima dell’EVENTO.  Non è del tutto sbagliato: perché si sa bene che lo stesso sviluppo dei contenuti è stato spinto e sostenuto dall’aria che vi si respirava. E’ stato vissuto da molti (i più) come una nuova Pentecoste, una irruzione dello Spirito, per troppo tempo tenuto irreggimentato (imbrigliato?) dal Magistero e dall’autorità  della Chiesa. E la chiesa  ha riscoperto (non sempre in modo indolore) i movimenti; ed essa stessa è arrivata a vivere (Giov. P. II) un certo stile movimentista. A qualche movimento si può rimproverare di aver tentato di prendere dal Concilio lo spirito, lo stile, ma non i contenuti.
Chiaramente qui bisogna parlare di un’epoca storica, che ha avuto il suo culmine nel Concilio: non è stata una cosa improvvisa: idee e stili stavano bollendo in pentola da tempo,  il Concilio ha fatto saltare il coperchio.  Un’epoca storica che non dovrebbe finire mai… ma tant’è…

+  Prescindere dall’evento (ormai è lontano e i protagonisti stanno scomparendo…) e concentrarsi sullo studio dei documenti. Quindi anche con un po’ di freddezza scientifica…
Ci sono due monumentali storie del Concilio che rispecchiano rispettivamente le due tendenze: una italiana (Alberigo) e una tedesca (Hunermann). La prima tiene conto del clima conciliare in cui sono nati i documenti per una loro migliore comprensione. La seconda si concentra sullo studio ermeneutico del testo, prescindendo da quello che viene spesso chiamato “spirito del concilio”.

+   Forse, nei limiti del possibile, sarebbe utile tenere unite le due istanze: “studiare” il Concilio, con una sufficiente dose di meditazione e contemplazione… Fare, insieme, del Concilio la propria formazione culturale, da una parte, e la propria spiritualità, dall’altra.

2.  La storia di Giona…

– Ordine di Dio: va’ a Ninive a predicare
– Tentativo di sottrarsi all’ordine: fuga verso Tarsis.
– Riacciuffato, deve proprio andare. Ma predica e minaccia la distruzione (secondo il Dio che lui ha in mente, non secondo la mente di Dio)
– La città si converte e Dio la perdona.  (e Giona è stato utile… suo malgrado)
– Rabbia del profeta: lo sapevo! Per questo non ci volevo andare! Tu perdoni troppo, sei un debole…
– La piantina di ricino. Dio è misericordia, questa dovevi annunciare, non la violenza, come se io fossi un dio pagano. In Giona c’è una grande maturazione nella comprensione di Dio.
Giona rappresenta l’antitesi di ciò che viene chiamato “spirito del Concilio”. La contrapposizione, il voler lottare con le stesse armi e gli stessi metodi degli avversari (l’autorità, il potere, i mezzi…) è una contraddizione in termini. “Vincere in questo modo non sarebbe conciliare, quindi inutile: non avrebbe vinto il Concilio.
[Noi ci lamentiamo che l’Islam non fa “reciprocità” (cioè non si comporta come il cristianesimo – (almeno quello ideale, perchè nella pratica…). Ma questo non ci autorizza a usare nei suoi confronti gli stessi metodi: avrebbe vinto lui! non possiamo rischiare lo stesso pericolo anche all’interno della chiesa…]

3.  Il rischio di pensare al Concilio guardando… gli altri (quelli che, secondo noi, non lo vivono, o non lo vogliono…).
– dividere il mondo in pro-concilio e anti-concilio. E’ davvero così semplice?
– non è carità (e quindi neanche concilio!) supporre la malafede in chi non la pensa come noi. Il dialogo è la più grande istanza del Concilio. Giov. XXIII lo ha vissuto, Paolo VI lo ha codificato (Ecclesiam Suam)  ( e non va dimenticato che anche Giona ha servito Dio)
– l’evangelizzazione (e in essa ci vedo compresa la testimonianza del Concilio) va fatta in positivo: E’ una bella/buona notizia. Non come Giona. Tutti proviamo fastidio  quando un predicatore fa solo del moralismo…
– nessuno stima più un insegnamento  ridotto ad  apologetica, anche se ce n’è ancora tanto in giro… Ma neanche a noi conviene fare apologie… neanche del Concilio!

4. Vivere il Concilio.
Come impegno di formazione e testimonianza personale (e di gruppo). Non ce lo impedisce nessuno!  Con serenità, costanza, fiducia… e gioia.  Caso mai quello che non ci è permesso è imporlo con  la forza (della ragione, della struttura, dei mezzi, dei… risultati (?)…quando uno ha troppa ragione, è più facile che intimidisca e allontani, più che conquistare ) E’ un modo faticoso di testimoniare: è dura dover pazientare per cose di cui si è convinti, e a ragione! Per i laici, poi…

La contrapposizione al clero non serve a niente, anzi è per lo più controproducente. Mentre fa breccia la testimonianza e la coerenza: tutti abbiamo conosciuto (e conosciamo!) laici il cui stile di vita (e di parola…) insegna molto (anche ai preti!– a cominciare da me). In Azione Cattolica  sappiamo benissimo che gli assistenti bisogna un po’ … farseli!

E forse questo vale un po’ anche per i parroci…Ohibò! Non è assurdo? Forse no, trattandosi di Azione Cattolica… conciliare: cioè che si conosce come associazione di laici (Lumen Gentium cap.IV), così come il Concilio la descrive (Apostolicam Actuositatem).

 

Per approfondire e per conoscere il Concilio
•Dossier della rivista DIALOGHI – n. 1 e 2 anno 2012
•G.ROUTHIER, Il Concilio Vaticano II, Vita e Pensiero, 2011
•G.ALBERIGO, Breve storia del Concilio Vaticano II, Il Mulino
•AA.VV, Alla scuola del Concilio. Percorsi di formazione per animatori e responsabili di AC, vol. 1 e 2, AVE