La Chiesa, l’associazionismo, la comunità umana per vivere da salvati

Come si accorgono che è Pasqua i due discepoli di Emmaus? Discutendo tra di loro, ospitando un viandante e spezzando con lui il pane.

Nessuna delle tre azioni è un’azione in solitaria

ma soprattutto la prima, quella da cui scaturisce la presenza del Signore, è da fare almeno in due. Discutere, cercare di capire quel che non va. Quante volte lo abbiamo fatto, quante volte ci lamentiamo delle delusioni di questo mondo, delle ingiustizie, del fatto che tutto va verso il peggio, che neanche colui che sembrava l’uomo giusto al posto giusto ce l’ha fatta!
Forse mi sbaglio, non lo facciamo tante volte, abbiamo perso un po’ quella sana abitudine di cercare una spiegazione a ciò che non va, ormai lo beviamo dalla tv, facciamo discutere altri per noi, o lo facciamo sui social, sul telefono, senza interazione umana e quando siamo stufi buttiamo giù o cambiamo canale.

La Resurrezione la possiamo capire se ci prendiamo del tempo a discutere

se camminiamo insieme e se proviamo a confrontare le nostre delusioni con la Parola di Dio, ecco in quel momento il Signore sarà con noi, in quel momento il cammino diventerà lieve tanto da arrivare a sera senza neanche accorgercene. Sentiremo il cuore scaldarsi a vicenda, sarà naturale mangiare insieme e, percependo la Sua presenza tra noi, trovare l’energia per tornare nella bolgia, nella difficoltà con rinnovato desiderio di portare una Buona Notizia: la morte non è l’ultima parola perché il Signore è risorto!

Io devo alla Chiesa e in particolare all’Azione Cattolica questa esperienza:

trovare persone disposte a discutere, a occuparsi delle cose del mondo e in questo scoprire la grandezza di un Dio che è compagno di vita, che è datore di nuova Vita, sempre.

Non è vero che ci sono le cose di Dio e le cose degli uomini,

le cose che stanno a cuore a Dio sono proprio le nostre strade, Lui è con noi per dare luce diversa ma non per farci camminare su eteree, inesistenti strade spirituali che stanno sempre altrove.

La laicità non è solo dei laici,

è l’ambiente in cui vivono anche i preti, i santi della porta accanto, è l’humus che ci rende tutti uomini e da questo partiamo per sperimentare la Sua presenza.
Sono fortunato ad incontrare tante persone che mi dicono “questo non va, questo sarebbe da fare diverso, io non ce la faccio…”, sono una benedizione le persone che si preoccupano di vivere una vita migliore e volgono lo sguardo al Signore perché non trovano il senso. Sono fortunato perché su quelle storie, su quelle discussioni, su quelle delusioni di “vorremmo diverso ma la vita è una croce che ci scandalizza” c’è lo spazio per lasciare entrare la Parola e vedere tutte le opportunità di Vita nuova.

Essere AC deve essere questo:

discutere insieme, avere passione per la vita di tutti i giorni, arrabbiarsi e sperare in qualcosa di meglio sapendo di poterne essere protagonisti. Questo è il più grande servizio che potremo rendere a noi stessi e in compagnia dei nostri assistenti, dei responsabili che masticano tanta Parola di Dio, alle persone che vorranno impastare la polvere della strada avremo modo di tornare con entusiasmo ed essere Chiesa in uscita, Chiesa che esce dal Cenacolo per affrontare con coraggio chi vuole far tacere questa bella novità.

Buona Pasqua di Vita rinnovata.

Flavio Gotta (presidente diocesano)