Domenica 19 febbraio, nel contesto dell’Assemblea diocesana Elettiva dell’azione cattolica, si è svolto il convegno pace giovani. Ogni anno nei mesi di gennaio e febbraio l’ACR e il Settore Giovani celebrano il mese della pace rispettivamente con una festa per i ragazzi dai 6 ai 14 anni e un convegno pubblico rivolto in particolare giovanissimi e giovani. Il salone san Guido lo scorso febbraio ha accolto l’intervento di un relatore d’eccellenza: don Tony Drazza, assistente nazionale del settore giovani di Azione Cattolica.La relazione Essere strumenti di pace oggi, si è svolta nel pomeriggio, dopo la consegna delle nomine ai presidenti parrocchiali da parte del Vescovo, e ha visto la partecipazione di un nutrito gruppo di aderenti di tutte le età che hanno avuto la possibilità di godere dell’intervento di don Tony. L’assistente nazionale, con il suo pomeriggio acquese dopo la serata passata all’assemblea diocesana di Lamezia Terme, ha dato segno della scelta missionaria dell’AC nazionale, che viaggia per proporre ai giovani idee per farsi strumenti di pace nella società.

In questo tempo, come altri attraversato da crisi e guerre, il don ha esortato ad avere uno sguardo attento, capace di cogliere il bene che nel mondo si fa e si vive ogni giorno; lo sguardo di chi ama e cerca di comunicare senza fermarsi alla superficie dei conflitti e delle difficoltà. Essere innamorati è custodire e coltivare l’altro e questi occhi raffinati permettono di concentrarsi sulle cose buone, permettono di trovare la bellezza nella vita del nostro prossimo andando oltre il pregiudizio, il pettegolezzo superficiale.

Ai giovani studenti che hanno fondato il MSAC (Movimento Studenti di Azione Cattolica) in diocesi, l’assistente nazionale ha rivolto un grande incoraggiamento definendoli un miracolo, a tutta la comunità ha rivolto la preghiera di custodire le energie di questi giovanissimi,  che devono sognare, viaggiare e studiare perché sono destinati a cambiare il mondo. Un pensiero che può sembrare inutilmente romantico, ma che è la base per formare degli operatori di pace. Nessuno dovrebbe permettersi di annientarlo, perché per essere strumenti di pace bisogna entrare ogni giorno nella vita da risorti, provando quell’innamoramento che fa sentire invincibili; e bisogna sporcarsi le mani perché la pace è un lavoro artigianale che va plasmato e costruito. La pace quindi, come le cose belle, nasce nel cuore e si realizza con le mani, con un lavoro dal basso: imparando a incastrare il proprio carattere con quello degli altri per fare qualcosa insieme; e l’AC è, anche in questo, una palestra di pace.

Per essere operatori di pace bisogna ambire a una vita coinvolta e sconvolta, dice più volte il don. Bisogna “dare fuoco ai divani”, mettersi in movimento. Riconoscendo le ferite, ognuno i segni dei propri chiodi e facendo i conti con le ammaccature subite si è vivi e si può costruire per gli altri la possibilità della pace, che è la possibilità di vivere meglio, di perdono, di miele sulle ferite.

Per farsi strumenti di pace bisogna saper rispettare il quinto comandamento: non uccidere; cioè non escludere (dalla vita) nessuno. Bisogna, infatti accorgersi e prendersi cura degli altri e delle situazioni. Comportarsi, insomma come gli msacchini, il cui motto è quello di Don Milani: I care. Chi ama non evita, non si allontana, non trova scuse ma è capace di dire sì tutti i giorni. Chi ama, chi è in AC, chi si fa operatore di pace sa vivere la quotidianità dei si oltre i grandi eventi. Non c’è un sì per sempre, ci sono sì tutti i giorni e sono questi che rendono responsabili, che aprono la strada al cambiamento.

 

Federica, per il Settore Giovani di AC