Ripensare al nostro essere soci di Azione Cattolica chiamati “all’evangelizzazione e alla santificazione degli uomini e alla formazione cristiana della loro coscienza” (Apostolicam Actuositatem 20)

 

Dopo la memoria della risurrezione del nostro Signore Gesù Cristo, la chiesa estende la celebrazione della gioia pasquale ancora per 50 giorni. Il Tempo di Pasqua, così si chiama questo periodo, è formato da una settimana di settimane con un domani; il numero 7 è un’immagine della pienezza (si pensi al racconto della creazione nel primo capitolo della Genesi) e l’unità che si aggiunge a questa pienezza moltiplicata apre su un aldilà. È così che il tempo di Pasqua, con la gioia prolungata del trionfo pasquale, è divenuto per i padri della Chiesa l’immagine dell’eternità e del raggiungimento del mistero del Cristo. Secondo sant’Ambrogio: “I nostri avi ci hanno insegnato a celebrare i cinquanta giorni della Pentecoste come parte integrante della Pasqua”.

 

Al centro del tempo pasquale si trova la domenica del Buon Pastore che, in questo anno liturgico, ci propone il grandioso affresco dell’Apocalisse su cui si incastona la perla del Vangelo tratto dal capitolo 10 di Giovanni, il capitolo del “buon Pastore” appunto.

«La moltitudine immensa, che nessuno poteva contare», di cui parla il veggente di Patmos, non è una folla anonima, «l’Agnello che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro … sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti della vita – dove – non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna – dove – Dio asciugherà ogni lacrima dia loro occhi».

Il Risorto che è Pastore e Agnello allo stesso tempo – è Pastore perché Agnello – conosce le sue pecore una ad una e anche le pecore lo conoscono perché ascoltano la sua voce e lo seguono. La vita è definita dal verbo conoscere, che non ha alcuna connotazione intellettuale, nella Bibbia infatti tale verbo rimanda ad una relazione di autentica intimità, che esige impegno e responsabilità, premura ed amore.

Il carattere di “pastore” di Gesù consiste quindi nella sua relazione con il Padre e con le sue pecore, dunque con Dio e con i credenti. È un titolo relazionale e non funzionale. Per questo motivo «quella che noi chiamiamo “pastorale”, ispirandoci al nostro Signore e Maestro, dovrebbe porre sempre al proprio centro la dimensione relazionale piuttosto che quella funzionale e organizzativa. Al cuore dell’essere pastore nella chiesa vi è la relazione personale col Signore, dunque la dimensione spirituale nutrita dalla fede e dalla preghiera, e la relazione con le persone fatta di  conoscenza, amore, ascolto, dedizione, dono della vita. Il pastore è attento al cuore di Dio e al cuore dell’uomo» (Luciano Manicardi, Riflessione sulle lettura, anno C, IV domenica di Pasqua).

 

Come laici di Azione Cattolica siamo chiamati a collaborare con i pastori che il Padre invia nella sua Chiesa, come ricorda il Concilio Vaticano II nel decreto “sull’apostolato dei laici”. Paolo VI in occasione del centenario dell’Azione Cattolica Italiana, l’8 dicembre 1968, aveva detto: «Essa [l’Azione Cattolica] è immediata collaborazione con il Vescovo “visibile principio e fondamento di unità” nella comunità della Chiesa locale (LG 23, I; 33,3), con l’azione pastorale dell’Episcopato italiano riunito nella CEI (CD 37 ss.) e con il Papa che presiede alla comunione universale di carità (LG 13)».

L’adesione all’AC è frutto della «scelta di quanti vi aderiscono per maturare la propria vocazione alla santità, viverla da laici, svolgere il servizio ecclesiale che l’Associazione propone» (Statuto dell’AC art. 15.1). E questa adesione libera e personale passa attraverso il gesto semplice e impegnativo della tessera, che non è mera operazione burocratica, ma mezzo concreto per tessere relazioni.

Per questo motivo, quest’anno più che mai, ringraziamo il Signore per quanti hanno rinnovato la loro adesione o si sono iscritti per la prima volta, e soprattutto diciamo un grande GRAZIE ai presidenti parrocchiali e ai loro collaboratori che anche quest’anno hanno dedicato tempo e risorse a questa attività. Come diceva Anna Cervetti, socia di AC dai 18 agli 89 anni, già “propagandista” (oggi diremmo responsabile) diocesana e nazionale nel primo dopoguerra, se non tutti sono chiamati ad essere soci di AC «per me questa è stata la strada che il Signore ha scelto per riportarmi tra le sue braccia».

Ci ritroveremo tutti quest’estate insieme al nostro Vescovo per ringraziare per il dono che il Signore ci ha fatto attraverso la nostra associazione.

 

Avevo iniziato col la memoria della Resurrezione e con questa termino, ricordando le parole del santo padre Francesco durante l’omelia della Veglia pasquale:

le donne che si sono recate al sepolcro e lo hanno trovato vuoto sono invitate dai due angeli «a fare memoria dell’incontro con Gesù, delle sue parole, dei suoi gesti, della sua vita; ed è proprio questo ricordare con amore l’esperienza con il Maestro che conduce le donne a superare ogni timore e a portare l’annuncio della Risurrezione agli Apostoli e a tutti gli altri (cfr Lc 24,9). Fare memoria di quello che Dio ha fatto e fa per me, per noi, fare memoria del cammino percorso; e questo spalanca il cuore alla speranza per il futuro. Impariamo a fare memoria di quello che Dio ha fatto nella nostra vita!»