Dopo la recente vicenda elettorale

Non è semplice dare un giudizio di quanto sta accadendo in questi ultimi mesi in Italia ed anche nella nostra diocesi riguardo alla politica. Ma è pure necessario provarci.

RIASSUNTO BREVE. Nel novembre 2011 il governo guidato da Berlusconi giunge al capolinea, dopo quasi un anno di lenta agonia e di progressivo deterioramento interno e internazionale. Sono a rischio non solo i nostri conti economici ed i rapporti internazionali, la nostra credibilità in Europa, la nostra stessa permanenza nell’euro. Siamo considerati quasi un paese “contagioso” per l’intera “eurozona”, nel mezzo di una crisi economica che qualcuno vorrebbe negare, ma i cui segni sull’occupazione e sulle imprese sono più che evidenti: paiono non esserci più margini ed il presidente Napolitano assume una iniziativa drastica, “dimissionando” Berlusconi ma evitando di andare ad elezioni immediate e chiamando alla guida dell’esecutivo il sen. Monti. Il Partito Democratico accetta questa soluzione (le elezioni subito lo avrebbero senz’altro premiato vista la crisi del PdL, segnato da non pochi scandali e dai processi del suo leader. Si costituisce così un governo “anomalo” sostenuto dai due partiti, fino a quel momento contrapposti. Le misure del governo Monti tentano di incidere su alcuni aspetti strutturali della crisi italiana, ma – se ci mettono un po’ in sicurezza rispetto allo scenario europeo, evitando il dissesto sul piano finanziario –  hanno effetti pesanti sui bilanci delle famiglie.  Nel corso del 2012 non si avvertono segnali di ripresa, in particolare sull’occupazione, mentre il livello di tassazione cresce specie per l’introduzione dell’IMU. Nel novembre 2012 il PdL toglie la fiducia al governo Monti creando le premesse per una pericolosa congestione istituzionale: elezioni regionali in Lazio, Lombardia, Molise, elezioni politiche e “semestre bianco” in relazione alla elezione del presidente della Repubblica.

LE ELEZIONI DEL NUOVO PARLAMENTO

La crescita del Movimento 5 Stelle è impetuosa e raccoglie non solo la voglia di protesta e la rabbia verso i partiti tradizionali, ma anche il desiderio di un modo nuovo e diverso di fare politica. Una proposta “alternativa” nei metodi più che nei contenuti politici, che attrae italiani di tutte le età e aree del paese, sfilando soprattutto elettori alla coalizione del centro-sinistra (PD-SEL-CD). Dall’altra parte le promesse di Berlusconi (specie quella di abolire l’IMU) riaggregano il centro-destra. I risultati sono clamorosi. Il centro-sinistra vince con un piccolo scarto sul centra destra (restando entrambi sotto il 30%), mentre il M5S supera il 25% dei consensi. E’ il più forte sconvolgimento elettorale dal dopoguerra a oggi. Il centro-destra rispetto al 2008 perde oltre 7 milioni di voti (oltre il 46% del suo elettorato), mentre il centro sinistra ne perde circa 3,6 milioni (- 28%), la Lega Nord perde il 54% dei consensi (in Piemonte la perdita sale al 64%). Un terremoto che non è compensato dal risultato della nuova lista moderata “Scelta Civica”, che non va oltre il 10%.  L’incertezza dei risultati diventa un vero e proprio “stallo” quando nel nuovo Parlamento il M5S rifiuta la proposta di governare insieme al centro-sinistra. La difficoltà si aggrava quando neppure per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica il centro-sinistra riesce ad eleggere un proprio esponente e la maggioranza del PD rifiuta di convergere sul candidato proposto dal M5S. Il PD si spacca, la disponibilità di Napolitano ad nuovo mandato evita il caos istituzionale, la crisi politica resta profonda e si intreccia ai preoccupanti segni di crisi sociale.

PER VALUTARE LA SITUAZIONE

Quali elementi possiamo ricavare da queste vorticose settimane ? Alcuni spunti, senza pretesa di completezza:

–          l’esasperazione di tanti italiani  per l’accumularsi di tanti problemi irrisolti (salute, lavoro, sicurezza, tasse, difficoltà degli enti locali a gestire i servizi) non si è incontrata con un progetto riformistico, ma è stata accentuata dalla percezione di una corruzione diffusa a tanti livelli dell’amministrazione e della politica. E questo però si connette non solo alla presenza invasiva della malavita organizzata , ma anche ad un diffuso atteggiamento egoistico di tanti cittadini, che trascurano le regole della convivenza civile e del patto di solidarietà alla base di ogni società democratica (si pensi alla questione dell’evasione fiscale, ma anche all’enorme disparità di retribuzioni, trattamenti e garanzie nel mondo lavorativo).

–          l’orientamento di destra di una larga parte dell’elettorato (anche cattolico) che ha resistito alle gravi difficoltà e scandali di PDL e Lega, confermando l’empasse del quadro politico, ma anche la difficoltà a comunicare sui problemi e sui progetti, rispetto ai facili slogan.

–          È andato in crisi il progetto del PD di costruire un partito “plurale”, ricco di culture politiche diverse (socialista, liberal-democratica, cattolica) accomunate da una politica riformista.

–          Di conseguenza è andato in crisi anche un modello di partito, basato sulla democrazia interna, a vantaggio di altri modelli centrati sul ruolo di un solo leader: il partito-impresa di Berlusconi, il movimento a guida carismatica di Grillo.

–          La Lega Nord, con circa il 4% dei consensi e forti tensioni interne, governa 3 delle regioni più ricche del paese: Piemonte, Lombardia e Veneto. Ed immagina ipotesi separatiste o secessioniste, pur mitigate dalla voglia di rientrare nei giochi romani come attesta la sua indicazione per la rielezione di Napoletano.

–          Le modalità della cosiddetta “democrazia diretta” espressi dal M5S coinvolgono solo una minima parte dei cittadini ed evidentemente  non possono sostituire il tipo di decisioni necessarie per legiferare e governare un paese complesso e integrato nel sistema internazionale.

–          Tutto ciò ci pone di fronte a questioni di enorme portata per il futuro: la crisi della democrazia rappresentativa, la crisi del modello di partito tradizionale coinvolgono le istituzioni fondamentali dello stato ma si riflettono anche sulle possibilità di governare il sistema economico e sociale

E I CATTOLICI ?

Abbastanza distribuito tra le varie aree politiche (con una prevalenza per il centro-destra), il voto dei cattolici sembra sempre meno riferito a progetti politici in qualche misura legati o motivati dal magistero sociale della Chiesa. Al punto che diversi studiosi segnalano una “irrilevanza del voto cattolico”: esso appare sempre meno condizionato dai pronunciamenti della gerarchia, ma anche poco connesso ad idealità o ispirazioni di carattere religioso. Irrilevanza ben espressa dal fatto che – per la prima volta dal dopoguerra – nessun politico proveniente dalle organizzazioni del cattolicesimo democratico o liberale è ai vertici della repubblica. Ciò nonostante il fatto che siano oltre un centinaio i parlamentari eletti provenienti da percorsi nel mondo cattolico. Questo pone un serio problema: infatti, se è un valore prezioso la distinzione tra fede e politica (evitando l’integralismo), per un credente è importante collegare i valori della propria fede con il modo di essere presente e partecipe della società e della vita politica (evitando così disinteresse e forme di spiritualismo che rischiano l’indifferenza rispetto ai problemi della vita sociale e civile del Paese).

Ma ovviamente tutto ciò è molto difficile farlo da soli. E qui si apre un secondo problema che interpella i cattolici e la comunità cristiana: l’aver abbandonato l’associazionismo religioso, educativo e sociale ha creato un vero e proprio vuoto culturale ed educativo, di motivazione, di abitudine alla partecipazione e all’assunzione di responsabilità, di comprensione dei problemi, di “senso della comunità” e di “senso dello stato”, di quel “tirocinio” democratico e civile, la cui carenza oggi pesa anche su quanti generosamente provano ad affacciarsi nel mondo politico.

CHE FARE ?

La conclusione non può essere disperante, ma è di certo piuttosto esigente: proprio perché siamo di fronte ad una crisi dalla portata così forte, è necessario una nuova assunzione di responsabilità da parte dei cittadini perché si passi da una fase di protesta ad una nuova esperienza politica in cui i cittadini accompagnino coloro che si assumono impegni diretti nel campo politico. Il berlusconismo ha dilagato, perché sono stati troppo pochi quelli che in questi anni si sono interessati di politica, limitandosi spesso al giudizio qualunquista “sono tutti uguali”, “è una cosa sporca”, “mi occupo dei problemi miei”. Ovviamente per far questo occorrono luoghi e strumenti, esperienze formative. E’ giusto ricordare come nei precedenti momenti difficili della vita italiana (dai tempi della resistenza a quelli della conflittualità politica, dalle fasi più acute del terrorismo alle offensiva della mafia), le forze sociali e culturali organizzate (tra cui quelle cattoliche) hanno svolto una funzione determinante. Oggi la crisi di queste organizzazioni rende più difficile una risposta.

In questa fase, di evidente disorientamento, occorre riprendere fiducia nei principi che sono alla base della nostra Costituzione e sono chiaramente espressi nei suoi articoli. Sono questi i punti di riferimento per la partecipazione politica dei cittadini, sono di piena attualità e capaci di orientare tanto la legislazione quanto i comportamenti individuali, secondo quella idea di “democrazia progressiva” che proprio i costituenti cattolici richiamarono più volte. Ma per fare ciò occorre riscoprire che il senso cristiano di comunità, accanto a quello di persona, hanno qualcosa da dire anche alla società civile ed anche a coloro che diversamente credono o dicono di non credere.

In particolare, per la comunità cristiana (e non solo), c’è bisogno di:

ribadire la “scelta religiosa” e la distinzione tra fede e politica, ma nel contempo dare valore alla dimensione socio-politica nella stessa vita spirituale, nella predicazione e nella catechesi, sviluppando quanto il Concilio Vaticano II ha indicato;

– recuperare il senso e il valore della progettazione sociale e politica, indispensabile in una società complessa. Il facile ottimismo che – anche in campo cattolico – ha caratterizzato l’epoca della “caduta delle ideologie” ha lasciato ora spazio ad un disorientamento e a una sfiducia che tende superficialmente ad azzerare tutte le differenze.

Priorità educativa: impegno tipico della Chiesa è contribuire alla crescita umana e anche civile delle persone (oggi i temi socio-politici sono quasi assenti dalla riflessione ecclesiale). Servono nuovi canali di informazione e occorre ripensare al problema educativo delle nuove generazioni.  Ciò richiede però il recupero del senso della “comunità” e quindi fare i conti con una mentalità individualista, con la caduta del senso di solidarietà. Occorre un’educazione al senso della comunità e del valore (ecclesiale e civile) della corresponsabilità.

Moralità della politica: c’è bisogno di un rinnovato annuncio evangelico rispetto alla politica, per sostenere l’idea di una politica come servizio, servizio al bene comune, servizio disinteressato e di buon esempio per le nuove generazioni. Ciò è possibile da parte della comunità cristiana, uscendo dal semplice livello polemico, ma anche rinunciando a forme di privilegio e di compromissione, proprio per poter esercitare quella funzione profetica che pone i poveri, la dignità della persona e la cura dell’ambiente al centro dell’attenzione

Ruolo dell’associazionismo: quanto sopra accennato è possibile solo se le persone fanno in concreto  esperienza di questi elementi comunitari e solidali. La crisi attuale del cattolicesimo democratico è l’effetto della crisi dell’associazionismo e della scelte pastorali che l’hanno favorita. Perciò sul piano pastorale è indispensabile un rilancio dell’associazionismo laicale, decisivo sia sul versante ecclesiale che su quello politico.